Tutti i dettagli e la spiegazione dell’incentivo
Al via il piano Transizione 5.0: ecco il testo ufficiale della norma spiegato comma per comma: a chi spetta, quali sono i beni strumentali ammessi, quali sono le aliquote, quando è possibile avere l’ulteriore maggiorazione del 40% sugli impianti fotovoltaici, come si calcola il risparmio energetico per aziende esistenti e di nuova costituzione, come si fruisce dell’incentivo, che cosa farà il GSE.
Si compone di ben 21 commi – a testimoniare la complessità della normativa – l’articolo 38 del Decreto-Legge 39 del 2 marzo 2024 che detta “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” (decreto PNRR) approvato il 26 febbraio dal Governo e pubblicato il 2 marzo 2024 in Gazzetta Ufficiale.
Si tratta del testo che scrive le regole del nuovo Piano Transizione 5.0.
Il decreto legge è operativo dal giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, quindi da sabato 2 marzo 2024, e dovrà poi essere convertito in legge nei sessanta giorni successivi. Per la sua applicazione occorrerà attendere un importante decreto attuativo che dovrà essere emanato entro 30 giorni, cioè entro il 1° aprile.
L’approvazione da parte del Governo è stata salutata con entusiasmo dal ministro Adolfo Urso, che ha commentato: “Il Piano Transizione 5.0 è architrave della nostra politica industriale, per consentire alle nostre imprese di innovarsi per vincere la sfida della duplice transizione digitale e green, nei due anni decisivi 2024/2025, in cui si ridisegnano gli assetti geoeconomici. Oltre agli investimenti in beni strumentali, la misura è orientata anche alla formazione dei lavoratori, perché le competenze sono il fattore che fa la differenza soprattutto per il nostro Made in Italy”.
Chi può accedere ai benefici del piano Transizione 5.0
Il piano è dedicato a tutte le imprese che effettuino “nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici”, senza distinzione di forma giuridica, settore, dimensione o regime fiscale.
Sono escluse specificamente le imprese in difficoltà finanziaria o che hanno ricevuto sanzioni interdittive; si richiede inoltre il rispetto delle norme sulla sicurezza e i contributi previdenziali.
I beni strumentali incentivati e il collegamento al piano Transizione 4.0
Per accedere all’incentivo occorre che si verifichino le seguenti condizioni
- Effettuare un investimento in almeno uno dei beni strumentalimateriali e immateriali previsti agli allegati A e B del piano Transizione 4.0. Anche in questo caso si prevede che i beni devono essere interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
- Questi beni devono essere inseriti in un progetto di innovazione che consenta di ottenere una riduzione dei consumienergetici
- La riduzione dei consumi deve essere pari ad almeno il 3% dei consumi energetici della struttura produttivalocalizzata nel territorio nazionale oppure ad almeno il 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento.
L’allegato B, quello dedicato ai software, viene ampliato, prevedendo l’ammissibilità agli incentivi anche per
- software, i sistemi, le piattaforme o le applicazioni per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
- i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui al punto precedente.
Di fatto si tratta dei sistemi di monitoraggio dei consumi, anche se parte di un più ampio sistema ERP.
Vale la pena sottolineare a questo punto che, se un investimento in beni 4.0 ricade sotto l’ombrello della Transizione 5.0 perché abilita un risparmio energetico, si applicheranno le norme di questo piano (e non più quelle del piano Transizione 4.0) in relazione alle tempistiche e alle modalità di fruizione dell’incentivo. Resta l’obbligo di attestare l’interconnessione. Il recupero del credito potrà avvenire in un’unica quota e non in tre. I due incentivi dunque condividono la base dei beni, ma poi seguono strade diverse.
Il piano Transizione 4.0 resta operativo per tutti gli investimenti nei beni previsti negli allegati A e B che
- non generano risparmio, oppure
- generano risparmio sotto le soglie minime previste dal Transizione 5.0.
Gli impianti fotovoltaici e gli altri sistemi per autoproduzione e autoconsumo
L’accordo siglato con la UE lo scorso agosto prevede, oltre alla linea dedicata ai beni strumentali, anche due linee dedicate ai sistemi per autoproduzione e autoconsumo di energia e alla formazione.
In particolare, i 6,3 miliardi sono distribuiti in questo modo
- 780 milioni per i beni strumentali
- 890 milioni per autoconsumo e autoproduzione
- 630 milioni per la formazione
Si noti che le risorse sono state suddivise in parti uguali per i due anni (3.118.500 per ciascun anno, oltre ai 63.000.000 che spettano al Mimit per la realizzazione della piattaforma). Questo è stato pensato verosimilmente per impedire l’esaurimento di tutto il plafond nel primo anno, lasciando così spazio anche a chi investirà nel 2025.
Per quanto riguarda autoconsumo e autoproduzione, la premessa è che questi investimenti devono comunque far parte di un progetto di innovazione che preveda l’acquisto di beni strumentali, come abbiamo visto nel paragrafo precedente.
Una volta attivato l’investimenti in beni strumentali è possibile avere il credito d’imposta anche per i “beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, a eccezione delle biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta”.
Per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici, l’incentivo è limitato ai soli impianti basati su pannelli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con efficienza pari ad almeno il 21,5%.
È prevista una maggiorazione rispettivamente del 120% e 140% della base di calcolo per gli impianti che includono i pannelli a maggiore efficienza previsti alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 12, del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, cioè
- 120% per i moduli fotovoltaici con celle, prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di cella almeno pari al 23,5 per cento;
- 140% per i moduli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea composti da celle bifacciali ad etero giunzione di silicio o tandem prodotte nell’Unione europea con un’efficienza di cella almeno pari al 24,0 per cento.
Questa maggiorazione non è limitata al costo dei moduli, ma si estende al costo dell’intero impianto fotovoltaico.
Si arriva così a un incentivo potenziale del 63% (45% di aliquota massima del Transizione 5.0 con la maggiorazione del 140% della base imponibile). La maggiorazione si applicherà sulla sola parte relativa agli impianti fotovoltaici e non anche ai beni strumentali e alla formazione.
La formazione
Per quanto riguarda le spese per la formazione del personale, sono ammesse
- se sono finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energeticadei processi produttivi
- nel limite del 10%degli investimenti effettuati nei beni strumentali
- fino a un massimo di 300 mila euro
Le spese devono inoltre essere necessariamente erogate da soggetti esterni individuati con decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy.
Le aliquote
E veniamo alle aliquote, che sono complessivamente 9, come avevamo anticipato. Bisogna poi tenere in considerazione che ciascuna aliquota può essere maggiorata di 1,2 o 1,4 volte considerando quanto abbiamo appena visto in relazione ai soli pannelli fotovoltaici ad elevata efficienza.
Le aliquote di base del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione non inferiore al 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, una riduzione non inferiore al 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, sono:
- 35% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
- 15% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
- 5% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.
Le aliquote del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione superiore al 6% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 10% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento,
- 40% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
- 20% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
- 10% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.
Nel caso in cui l’investimento consegua una riduzione superiore al 10% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 15% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, le aliquote diventano
- 45% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
- 25% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
- 15% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.
Come si calcola il risparmio energetico per aziende esistenti e di nuova costituzione
Il testo della norma spiega che per calcolare la riduzione dei consumi occorre
- riproporzionare i conteggi su base annuale
- fare riferimento ai consumi energetici registrati nell’esercizio precedente a quello in cui si avviano gli investimenti
- il risparmio sui consumi deve essere “al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico”.
Per non escludere dall’incentivo le imprese di nuova costituzione, il testo prevede che, in questo caso, il risparmio energetico conseguito vada calcolato “rispetto ai consumi energetici medi annui riferibili a uno scenario controfattuale, individuato secondo i criteri definiti nel decreto di cui al comma 17″.
In pratica il decreto attuativo darà dei numeri medi di riferimento per i diversi scenari in base ai quali parametrare il risparmio energetico garantito dall’investimento.
Gli oneri documentali
Le imprese dovranno produrre diversi documenti, alcuni prima (ex ante) e altri dopo (ex post) aver effettuato l’investimento:
- una certificazione ex ante
- una comunicazione ex ante al GSE
- comunicazioni di aggiornamento sull’avanzamento degli investimenti
- una certificazione ex post
- una comunicazione ex post al GSE
- un’attestazione dell’avvenuta interconnessione
- documentazione atta a dimostrare congruità e pertinenza delle spese sostenute
- certificazione contabile da parte del revisore dei conti che attesti l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa.
Per quanto riguarda le due “comunicazioni” al GSE, la prima servirà per prenotare l’incentivo, la seconda per abilitarne la fruizione. Le imprese dovranno aggiornare periodicamente il GSE sull’avanzamento del progetto.
Le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti potranno aggiungere 5.000 euro al credito d’imposta per mitigare l’impatto di questa ulteriore spesa.
Le certificazioni
Le due certificazioni invece dovranno essere rilasciate da un valutatore indipendente (la lista sarà disposta dal futuro decreto attuativo, ma sono compresi in ogni caso EGE e Esco) e riguarderanno gli aspetti tecnici del progetto di investimento.
In particolare la certificazione ex ante deve attestare la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni strumentali (beni materiali e immateriali, non quindi la parte dell’autoproduzione e autoconsumo).
La certificazione ex post deve invece attestare l’effettiva realizzazione di quegli investimenti.
Resta obbligatoria anche l’attestazione dell’avvenuta interconnessione.
Una graditissima sorpresa è invece la possibilità – ma solo per le piccole e medie imprese – di poter aggiungere al credito d’imposta anche le spese sostenute per la certificazione fino a un massimo di 10.000 euro.
Come si fruisce dell’incentivo
(e il nodo delle tempistiche)
Il credito d’imposta si usa con le consuete modalità, cioè esclusivamente in compensazione tramite F24 presentato nel canale dei servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate.
Il credito d’imposta “non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale”.
L’avvio della fruizione non potrà in nessun caso superare la data del 31 dicembre 2025.
Il ruolo del GSE
Le imprese dovranno presentare al Gestore dei Servizi Energetici s.p.a (GSE) la certificazione ex ante, che attesta le caratteristiche del progetto di investimento e i risultati conseguibili, nonché la comunicazione ex ante con la descrizione del progetto di investimento e il costo dello stesso.
Il GSE verifica la completezza della documentazione e trasmette al Ministero sia l’elenco delle imprese che hanno validamente chiesto di fruire dell’agevolazione sia l’importo del credito che, se ci sono risorse disponibili, risulta a questo punto “prenotato”.
Viene introdotta la necessità, da parte delle aziende fruitrici, di inviare al GSE comunicazioni periodiche relative all’avanzamento dell’investimento ammesso all’agevolazione. In base a tali comunicazioni è determinato l’importo del credito d’imposta utilizzabile, nel limite massimo di quello prenotato. Saranno quindi ammesse variazioni in diminuzione (es. minori investimenti o minor risparmio) ma non in aumento.
Al termine dell’investimento l’impresa si rivolge nuovamente al GSE inviando una comunicazione di completamento dell’investimento corredata dalla certificazione ex post.
A questo punto il GSE trasmette all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese beneficiarie e l’ammontare del relativo credito d’imposta definitivo, utilizzabile in compensazione.
A questo punto occorre attendere cinque giorni dalla trasmissione, da parte di GSE all’Agenzia delle Entrate, dei dati definitivi e presentare entro la data del 31 dicembre 2025 il modello F24 per la fruizione del credito. Se l’impresa non ha capienza per fruire dell’intero credito, può riportare in avanti e utilizzare in cinque quote annuali di pari importo l’ammontare non ancora utilizzato.
I controlli del GSE
L’altra novità è nel meccanismo dei controlli che farà il GSE. Mentre finora doveva essere l’Agenzia delle Entrate a chiedere l’intervento del GSE per le valutazioni tecniche, il testo definitivo dispone che “Sulla base della documentazione tecnica prevista dal presente articolo nonché della eventuale ulteriore documentazione fornita dalle imprese, ivi inclusa quella necessaria alla verifica della prevista riduzione dei consumi energetici, il GSE, effettua, entro termini concordati con l’Agenzia delle entrate, i controlli finalizzati alla verifica dei requisiti tecnici e dei presupposti previsti dal presente articolo per la fruizione del beneficio”.
Poi il testo si avviluppa in una frase chiaramente errata, perché letteralmente recita che “Nel caso in cui i controlli di cui al primo periodo nonché le verifiche documentali e in situ di cui all’art. 22 del Regolamento (UE) 2021/241 svolte dai competenti organi di controllo nazionali ed europei sia rilevata la fruizione, anche parziale, del credito d’imposta, il GSE ne dà comunicazione all’Agenzia delle Entrate indicando i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda il recupero, per i conseguenti atti di recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni”.
Il senso appare però chiaro: se le verifiche individuano una indebita fruizione dell’incentivo, il GSE informa l’Agenzia delle Entrate che provvede poi all’accertamento fiscale.
I beni vanno tenuti almeno 5 anni
Anche per il Transizione 5.0 è previsto il meccanismo del Recapture: “se i beni agevolati sono ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione anche se appartenenti allo stesso soggetto, nonché in caso di mancato esercizio dell’opzione per il riscatto nelle ipotesi di beni acquisiti in locazione finanziaria, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di completamento degli investimenti, il credito d’imposta è corrispondentemente ridotto escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo”.
La cumulabilità
Il credito d’imposta Transizione 5.0 è cumulabile con altri incentivi che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che il cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto.
Non è invece cumulabile, in relazione ai medesimi costi ammissibili, con il credito d’imposta Transizione 4.0 (come dicevamo, se si entra nell’alveo del 5.0 si esce da quello del 4.0) né con il credito d’imposta per investimenti nella ZES unica.